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Origine del senso comune: capolavoro

La genesi del termine è da mettere in relazione con la necessità di descrivere sinteticamente l’opera memorabile di un maestro d’arte in grado di comunicare qualcosa di nuovo indipendentemente dal periodo storico di riferimento o dalla zona geografica di provenienza dell’osservatore grazie all’utilizzo di un linguaggio comune presente nell’espressione artistica in grado di intendere un qualcosa del sentire umano indifferentemente dalle pressioni del sistema culturale vigente impegnato ad operare in modo che il corso della storia prosegua resistendo ai tentativi di deviazione provenienti da altri sistemi antagonistici facilmente espressione di altri sistemi economici.

Al significato originale nella società industriale si è andato ad affiancare anche un significato deteriore che è possibile in generale intendere come l’azione individuale sia estemporanea che prolungata nel tempo in grado di alterare significativamente i rapporti di forza in un modo tale da sovvertire i pronostici che l’opinione pubblica si era fatta in merito a quella determinata questione. Molto utilizzata in ambito sportivo descrive un qualcosa il cui effetto consiste nello spostare gli equilibri di una competizione fino a quel momento in bilancio di parità tra i contendenti.

Avendo rilevato in altra nota come la classe dirigente o capitale o capo, partendo dal presupposto del “cliente ha sempre ragione”, si senta in perenne posizione di verità se contrapposta ai motivi provenienti dalla classe strumentale, non è in contraddizione e nemmeno strano pensare che questo motto in cui è sottointeso una superiorità lavorativa del capo vada diffondendosi capillarmente come luogo comune per motivi pratici di governo o di strategia politica. Attraverso questa gherminella è possibile difatti ottenere diversi effetti tra i quali vanno ricordati: 1) ribaltare la realtà effettuale per cui al capo che come tale utilizza il capitale e non la forza lavoro per agire nella struttura economica si riconosca dogmaticamente una superiorità qualitativa proprio laddove vi è assenza cioè nella concreta manualità trasformativa in grado di dare valore alla materia grezza di modo che 2) regga il format culturale favorevole al mantenimento della struttura sociale basato sulla sensazione che la distribuzione dei ruoli avvenga effettivamente su base empirica in relazione al surplus qualitativo di capacità concreta presente negli individui. Infine 3) distogliere l’attenzione sulle effettive, reali, misurabili capacità teoriche e pratiche dei governanti sia durante le crisi di credibilità dovute ai frequenti disastri umanitari (crolli di viadotti e ponti, esplosioni di tubature, naufragi, terremoti con effetti insanabili su edifici e viabilità, crisi sanitarie, etc, etc) sia durante il normale svolgimento di mansioni comuni che come tali non certo richiedono chissà quali capacità divinatorie ma che per l’appunto vengono presentate come il frutto di una gratuita superiorità pratica.

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