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Pregiudizi antistorici

Se in ogni epoca storica il processo di formazione degli intellettuali come gruppo funzionale agli interessi della classe dominante non è caratterizzato dall’attività intrinseca svolta – ovvero non dipende dall’utilizzo dell’intelletto come principale strumento di lavoro in combinato disposto con la manualità e la forza- bensì dall’insieme dei rapporti sociali in cui le opere prendono forma, ne consegue necessariamente che la tendenza di senso comune a concedere una correlazione meccanica tra professione esercitata e abilità corrispondenti necessariamente acquisite è priva di fondamento reale ed è perlopiù ascrivibile ad una necessità politica assolta tramite un motivo ideologico.

E’ da questo punto di vista che l’incidenza della fatalità va respinta senza esitazione nel giudizio sull’opera umana causa od oggetto di tragedie a questo punto non più definibili come evitabili ma al contrario come politicamente favorite (stazione di viareggio, ponte di genova, viadotto palermo-catania, il ponte sullo stretto, la salerno-reggio, rigopiano, skettino, il primo anno di pandemia, il terremoto all’aquila, in irpinia, nel friuli, la funivia del mottarone, le tubature di ravanusa, etc, etc). Ed è sempre da questo punto di vista che si capisce come: a) le professioni in cui si presuppone sia necessario un gradiente di intellettualità superiore non sono necessarie in quanto lavorano coi concetti, ma in quanto consolidano o rinnovano rapporti umani e per tanto il pregiudizio di merito nei loro confronti va mutato in pregiudizio economico di cui le relazioni preesistenti sono espressione (aspetto meritevole di maggior approfondimento in relazione anche al fenomeno dell’espansione femminile in posizioni lavorative in cui l’elemento razionale parrebbe predominante rispetto a quello emotivo-passionale-romantico, fenomeno che si riallaccia da un lato ai legami tra donna, proprietà e autorità e dall’altro alle leve di tipo vantaggioso in una società nella quale la politica non è più solamente etica o filosofia in atto, ma ha accolto dentro il perimetro anche estetica e rappresentazione artistica) b) gli istituti scolastici il cui obiettivo dichiarato è l’inserimento di nuovi cervelli nel mercato del lavoro evitino qualsiasi accenno riguardo alla subalternità della tecnica rispetto alla politica da cui possa seguire una formazione umanistica adeguata alle esigenze del reale (ammesso che sia valida l’obiezione per cui la rete di relazioni preesistenti è strutturalmente modificabile, cosa tutta da dimostrare) facendo così nascere il sospetto che la convenienza economica prema per lasciare inalterate le reti di relazioni esistenti e per alimentare il sogno meritocratico-razionale nelle scolaresche.

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