L’abitudine è quella di limitare l’attenzione su droghe, alcool, gioco d’azzardo e scommesse sportive in una maniera tale per cui negli individui prevalga la sensazione di pericolo qualora coinvolti in situazioni a loro ricollegabili senza tenere in considerazione nè che qualsiasi elemento dell’universo anche il più innocuo ha facoltà potenziali di provocare una dipendenza o di spingere all’abuso nè che queste due condizioni non sono meccanicamente collegate tra di loro in quanto è possibile sperimentare la dipendenza da un qualcosa senza abusarne così come eccedere nel consumo di un qualcosa senza per forza dipenderne.
Va ricordato infatti che essendo la dipendenza quella condizione di subalternità sofferta dalla volontà nei confronti di una realtà esterna non è sul cosa – vivente, materiale, spirituale, reale o immaginaria – che si pone l’accento ma su come le decisioni individuali che spingono all’azione risentano di questo influsso; allo stesso modo l’abuso (ex-uso, fuori dall’uso consueto) corrispondendo alla fruizione eccessiva di una qualsiasi cosa relativamente alla specifica capacità di sopportazione fisica di un organismo – in una maniera tale per cui l’eccesso nell’uno corrisponde al normale apporto nell’altro – non è codificabile tramite tabelle generiche di utilizzo valide universalmente. Queste due tendenze pur se distinte si incrociano nel momento in cui il fisico, essendosi per dipendenza assuefatto al consumo, interrompe le sensazioni di piacere per la quantità ordinaria facendo nascere nell’individuo la sensazione di un maggior apporto con la conseguenza di dover scegliere se cedere o resistere al richiamo e dimostrando in questa decisione quanto la dipendenza interferisca realmente sull’istinto di conservazione.
Da questo punto di vista risulta così difficile assumere che una forma di dipendenza possa nascere esclusivamente a seguito dell’assunzione di droghe o alcool oppure dall’abitudine di sedersi al tavolo da gioco, ciò che equivarrebbe ad una specie di selezione preordinata di cause. Infatti non è così e le polemiche ideologiche che animano i dibattiti sul tema non sono nient’altro che la fase etico-politica di una prerogativa giuridica a difesa di un privilegio economico – sia esso alla luce del sole come nel caso del monopolio statale di alcool e tabacchi o all’ombra dei cipressi come in quello delle sostanze stupefacenti e della prostituzione in mano agli stessi gruppi che col decreto bersani hanno avuto via libera nell’offrire dietro tutela dell’aams gioco d’azzardo e scommesse sportive fondamentali per il riciclaggio del denaro. Opinioni che mai si sono sognate di sfiorare argomenti potenzialmente oggetto di dipendenza quali: la religione (opium des volk), la patria (la religione dei laici che ha sostituito la religione dei fedeli), la sessualità (si faccia caso come un uomo dipendente dalla sesualità sia la cosa più facile da domare per la donna e viceversa), il lavoro (non è possibile escludere a priori una dipendenza se uno lavora costantemente 20h al giorno), la famiglia (una famiglia felice può portare alla dipendenza da un ambiente favorevole infatti nel caso questa si dissolva le conseguenze sono spesso tragiche), la conoscenza (chi sperimenta un sapere che non sia superficiale come quello sorretto dalla cultura egemone elabora il desiderio di scoprire sempre più nuove verità), e così via discorrendo.
Posta la quistione in questi termini pare quindi che le dipendenze siano un qualcosa che in qualche modo partecipano costantemente della vita dell’uomo e relegarle a specifici elementi non può che avere uno scopo politico di tutela economica. Quindi invece di focalizzare l’attenzione sull’elemento oggettivo pare più sensato capire come l’uomo possa imparare a gestire le dipendenze in modo tale che esse non sfocino in abusi. Ma questo vorrebbe dire evitare il consumo morboso di qualsiasi prodotto in commercio (dotato di relativo centro di recupero privato) ciò che non conviene al sistema capitalistico industriale legato a doppia mandata con la produzione su vasta scala sostenuta dall’eccesso di consumi posti in essere proprio dalle dipendenze e che anzi se continua a sopravvivere nonostante la caduta tendenziale del saggio di profitto non è per l’invalidità della legge ma è piuttosto grazie al sacrificio degli umili che si credono al “centro del progetto” quando invece sono vittime di una spirale consumistica senza nemmeno sospettarlo a causa dell’inefficenza degli strumenti intellettuali sviluppati presso la tanto celebrata scuola “democratica”.