L’allegoria sportiva nel governo dei fedeli

Nonostante la classe dirigente nutra se stessa e le masse popolari del fatto che ciò che è reale è razionale – la pillola di idealismo più conveniente fatta sopravvivere alle devastazioni del novecento affinchè le masse popolari nella realtà dei fatti concreti siano ancora anche oggi determinate ad intendere ogni norma giuridica ed ogni direttiva immediata come dogmaticamente corrette rispettando le uno ed eseguendo le altre – questa ha incessantemente bisogno di evidenziare l’efficacia e la correttezza dei rapporti sociali attuali (o politici, dunque economici) romanzando il racconto delle gesta sportive di estemporanei patriotti partecipanti sia a gare individuali – ciò che ne rivela il carattere rettorico e demagogico in quanto proprio per la natura di questi sport non è possibile associarli ad espressioni di vita nazional popolari bensì piuttosto ad eroismi o volontarismi singolari – sia a competizioni di squadra le quali essendo almeno in partenza praticabili dagli elementi di qualsiasi classe non per nulla sono oggetto di pressioni economico/politiche identiche a quelle orbitanti attorno alle altre attività umane col fine di promuovere o bocciare le carriere così da ottenere due scopi ben precisi: fornire all’opinione pubblica una sponda alle dichiarazioni di esaltazione collettiva e nondimeno salvaguardare i ricchi dividendi di tale azione di governo così che non finiscano nelle mani sbagliate premura che è necessaria mantenere negli sport collettivi in quanto per gli altri ci pensano i costi di esercizio ad effettuare la tanto desiderata selezione classista. Per quale motivo strategico non si perde occasione di informare sul fatto che un qualsiasi figlio di roma abbia vinto la gara internazionale di sputi?

Innanzitutto ad un primo momento più immediato, che è poi quello di cui si occupano i media, essendo lo sport seguito pressochè da ogni cittadino l’obiettivo è quello di scovare piccole vittorie in ogni anfratto di storia contemporanea per alludere durante il loro racconto all’efficienza strutturale ed organica dello stato (ovvero del personale dirigente che lo modella con le sue allucinazioni quotidiane): il tipo di organizzazione disposta dai governanti è tale per cui i governati sono in grado di confrontarsi e superare i concorrenti corrispettivamente educati dalle altre nazioni cosa di cui dovrebbero essere talmente felici di non doversi preoccupare d’altro. Questo assioma permette di passare al secondo momento di elaborazione culturale dello sport che è poi quello di cui si occupano i politici per riaffermare la validità di alcuni principi mai passati di moda quali: 1) una generica superiorità di razza sulla quale far scivolare le ragioni dei conflitti sociali così da allontanarli dalle questioni di classe – antica tradizione liberale iniziata con la restaurazione del 1815 quando gli ambienti vicini a luigi filippo iniziarono a sostenere sulla base delle teorie del thierry come la rivoluzione fosse in realtà nata dalla lotta tra il popolo autoctono gallico e l’invasore germanico di cui gli aristocratici erano i discendenti; 2) sulla base di tale superiorità intendere come automatica la replica meccanica del successo sportivo sul piano economico; e da qui si può procedere per 3) Il fatto però che ciò non accada non è da imputare alla sindrome di down che affligge i dirigenti, bensì ad un generico complotto internazionale a danno della nazione che viene così privata della ricchezza che meriterebbe – altra tradizione liberale e moderata di fine ottocento/primi del novecento che per il fatto di non riuscire ad espandersi territorialmente chiamava in causa francia e inghilterra così come nel giustificare la miseria diffusa in tutta la penisola tirava in ballo il lazzaronismo sudicio per insabbiare gli scarsi risultati di una politica protezionistica in favore del nord, falsificazione in voga ancora anche oggi.

C’è ancora però un ultimo momento di rielaborazione del fatto sportivo da esplorare ed è quello etico di cui si occupano gli apparati della cultura egemonica (principalmente le scuole, le università, le accademie, la famiglia piccolo borghese); il più subdolo perchè lavora in profondità sulle coscienze delle persone affinchè diano la loro tacita adesione all’andamento delle cose così come stanno. Il motivo di fondo che si vuole imprimere come un marchio sugli abitanti è che l’attività economica dell’uomo (che poi è la sua vita sociale) risponda per gli aspetti più fondamentali agli stessi principi che regolano lo sport – in questo senso vanno intese tutta una serie di terminologie e locuzioni prese in prestito dal linguaggi sportivo nel lavoro e dal linguaggio lavorativo nello sport in una corrispondenza di amorosi sensi – in particolare si vuole assumere come valida l’ideologia tale per cui come nello sport grandi affanni quali l’allenamento estremo per superare i propri e gli altrui limiti fisici, la fatica estenuante necessaria per recuperare da aventi avversi e traumatici, l’indomita fiducia nelle proprie possibilità di successo unita assieme all’empatia e solidarietà verso gli altri elementi del proprio gruppo, siano in grado di permettere il raggiungimento (come in effetti si verifica) di risultati sportivi eccezionali (rinnovando il mito di re davide vittorioso su golia), così avviene anche per la vita economica nella quale operando con l’ausilio di quella devozione sarà possibile ottenere identiche gratificazioni ciò che è totalmente falso, demagogico, retorico e ipocrita (quindi borghese) in quanto mentre il presupposto sportivo consiste nel fatto che tutti i partecipanti si trovino ad operare durante la competizione con a disposizione le stesse risorse effettive – 11 contro 11, 50mt di vasca, 3kg di peso, guantoni in piuma, un regolamento condiviso che arbitri e giudici provenienti da altre regioni geografiche osservino sia rispettato dai contendenti segnalando e sanzionando tempestivamente le violazioni per quanto possibile – nella vita economica succede esattamente il contrario dove la giurisdizione (i regolamenti) essendo scritta dalle classi egemoni favorisce queste a discapito di quelle subalterne, la magistratura e gli organi di polizia (gli arbitri) pur concedendo e non ammettendo siano terzi rispetto ai governanti (cosa tutta ancor lontana dal poter essere dimostrata) quando interviene lo fa dopo un lunghissimo lasso di tempo quando ormai le violazioni hanno già prodotto risultati economici e sociali causa a loro volta di altri fattori irreparabili, i concorrenti si mettono costantemente d’accordo tra di loro per alterare la competizione di modo che la convenienza politica sopprima le capacità psico-fisiche reali dell’avversario anche se queste sono qualitativamente superiori (può capitare anche nello sport ma sono casi rarissimi di cui ci si può ricordare proprio perchè sono eccezionali come l’affaire rossi marquez lorenzo del 2015) e infine non si può certo affermare (e qualora lo si faccia è per convenienza o tuttal’più stupidità) che nella vita economica si possa competere su un piano di equilibrio sostanziale delle risorse a disposizione.

Tuttavia questo sogno o mito della vita dall’aspetto democratico (che è poi il fine ultimo a cui tende questo romanzo) continua a fare presa sulle masse popolari probabilmente per gli stessi motivi per cui lo fanno il gioco del lotto, la religione, la ruota della fortuna, e cose di questo genere e di sicuro una cosa la ottiene dal punto di vista dei dirigenti, che i diretti nell’illusione di una vita migliore operino più vicini al massimo delle loro potenzialità produttive senza cedere allo sconforto di una realtà di fatto opprimente che oltre alla fatica richiede di obbedire a dei cerebrolesi. L’oppio del popolo è fondamentalmente credere in qualcosa che necessariamente si avvererà nel futuro quasi per una sorta di risarcimento finalistico alle sofferenze patite atteggiamento che sposta così sempre in avanti il momento dell’azione la quale non accadendo lascia indisturbati i pochi ricchi nel disporre a piacere di molti poveri. Oppiacei che come tali procurano uno stato di grazia di qualche ora e frenano la ribellione per secoli.

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