Una volta raggruppate organicamente le conseguenze provenienti dalle argomentazioni (sviluppate in note precedenti) riguardanti i concetti di proprietà-autorità, del pressapochismo servile, del rapporto estetico con la tecnica, del rapporto arte-vita e della cultura dogmatica come strumento di conservazione ufficiale per la struttura economica-sociale in atto, nasce il forte sospetto di come il nocciolo della questione non sia tanto l’esecuzione precisa e puntuale degli ordini impartiti – mantra di governo necessario a reggere il peso dell’impalcatura meritoria su base democratica costruita in europa (specialmente in italia e germania, pur con differenze) per occultare ai lavoratori l’alleanza politica moderna tra borghesia ed aristocrazia (ora burocrazia) a sostegno di attività prive di impatto storico-reale se non per la capacità di redistribuire proventi clandestini già realizzati altrove e ai quali la natura il più delle volte astratta delle direttive fanno da schermo – ma piuttosto sia evitare l’irriverenza e la disattenzione nei confronti di un copione già scritto e che già da sè mostra esaustivamente come recitare la parte assegnata sul palco sociale senza tollerare licenze creative. Ammettiamo per assurdo che il pierino di alvaro vitali sia chiamato dalla dirigenza per scopi formativi ad introdurre la teoria generale della relatività ad un gruppo scelto di colleghi fra i quali figura un certo albert einstein e che quest’ultimo non resista ad interrompere l’incantesimo espositivo dell’oratore-relatore per sollevare nell’uditorio dubbi riguardo all’approfondimento dedicato a concetti innovativi che paiono introdotti frettolosamente, ecco che in quel momento alberto vìola le consegne del copione e mettendo in crisi la recita si macchia di insubordinazione sociale (di anticonformismo) verso il clima bucolico-arcadico che il melodramma (azione+sentimento) tradizionalmente sa creare come oppiaceo popolare.