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Mancanza di visione strategica durante il mandato Gorbaciov

E’ lecito affermare che tra le cause endemiche per la dissoluzione dell’unione vada certamente compresa una scarsa visione strategica d’assieme relativa al ruolo e all’opera di Fidel Castro e di ciò che egli andasse rappresentando in quel tempo e successivamente per le speranze delle moltitudini avverse ad una visione del mondo recintata in limiti e confini imposti dalla proprietà privata dei mezzi di produzione?

A partire dai sessanta, ovvero con l’inasprirsi delle tensioni tra cuba e gli stati uniti (con la riforma agraria e le nazionalizzazioni delle compagnie americane, nella baia dei porci dove la resistenza cubana fermò il tentativo di invasione controrivoluzionaria guidata dagli usa a cui poi seguì lo storico embargo tuttora in vigore) e con il supporto in america latina e in africa centrale alle campagne autoctone di liberazione dai regimi autoritari rappresentati il volto ancora e per sempre imperialista delle politiche economiche borghesi disposte a tutto, Fidel (assieme al Che) veniva a imporsi nello scacchiere mondiale come giovane nuovo punto di riferimento per la rivoluzione proletaria e internazionale di stampo marxista-leninista.

Pur con i riconoscimenti di facciata provenienti dal Kremlino, le reciproche visite dei diplomatici nelle due capitali e i massicci interventi materiali in favore dell’economia dell’isola durante il mandato breznev, da subito l’impressione fu che lo sviluppo storico in atto non fosse di alto gradimento all’intellighenzia russa (che in principio durante il mandato khrushchev era per fino arrivata a sospettare di fidel come di un agente della cia) caratterizzata da un passato di stampo ortodosso e filisteo che ancora operante nel presente l’ancorava in quanto a stili e modi di fare ad un’epoca sepolta sotto le macerie di berlino, o quanto meno sentita in modo tale dalle generazioni che si affacciavano alla ribalta della scena mondiale attraverso i movimenti di contestazione studentesca ai quali era difficile associare sul momento elementi di simpatia per il liberismo capitalista (almeno fino a quando da adulti, come poi si registrò, investiti dalla forza suadente del denaro/potere sarebbero passati alla difesa del concetto di proprietà/autorità con al massimo il lasciapassare per le droghe).

Tuttavia fino a quando i rapporti tra le due nazioni si mantennero cordiali il significato storico era tale per cui il percorso politico cominciato nel febbraio del 17 fosse in espansione e che la corrispettiva filosofia avesse fatto breccia tra le masse, ma l’interruzione della guerra fredda da parte sovietica (gravemente non controbilanciata dalla cessazione dell’embargo) unita alla fine del sostegno economico per la nascente socialità distribuita della neo latinità di fidel (ciò che rappresentò in politica estera l’applicazione delle strategie espresse coi nuovi pensieri di gorbaciov) è probabile che abbiano contribuito a determinare non tanto o meglio non solo la dissoluzione dell’unione in sè, ma piuttosto, fatto ancor più grave dal punto di vista storico-strategico, la mancata raccolta del testimone dialettico progressista da parte di una futura forza immanente che oggi più che mai è lecito individuare nelle distese del continente africano (ciò che fidel in anticipo rispetto ai tempi aveva intuito benissimo) e che in mancanza di una guida storica (se non quella dei trafficanti che riempiono l’europa cum suo gaudio magno di mandopora a basso costo e bassa sensibilità rivoluzionaria) per ora non hanno avuto altre alternative se non quelle di consegnarsi alle fucine industriali della cloaca europea oppure di seguire l’ideologia estremo islamista che se è pur lecito possa rappresentare una reazione contro le guerre per procura imposte dal capitalismo occidentale e dalle quali i giovani africani sono appunto obbligati a scappare non è certo indicabile visto il sostrato religioso monista come forza storica di movimento progressivo (come testimoniato alla fine dei settanta in Iran).

Posta in questo modo la questione pare sostenibile il punto di vista tale per cui a partire da quell’errore (o da quella serie) sia cominciata la perdita di attrattiva del primo esempio concreto (reale) e duraturo di una concezione del mondo attraverso la quale le masse popolari e gli individui che le compongono sappiano prendere coscienza della propria forza storica col fine di rompere la situazione di subalternità al volere di pochi ricchi, i quali da quel momento in poi hanno avuto strada libera nel dispiegare tutto l’arsenale bellico culturale per confondere la forma in atto che prese quella filosofia con le aspirazioni delle masse racchiuse in essa (con lo scopo di disperderle) grazie alla nota tecnica della razionalità dell’esistente in contrasto con l’antistoricità delle forze che da qualche parte in maniera latente ancora le vogliono esprimere ma che non sono o non sanno per il momento organizzarle. Le conseguenze nefaste di questa catena di eventi ricadono oggi sulle spalle di tutti gli umili che subiscono quotidianamente nei luoghi di lavoro, in quelli di svago e nelle pubbliche piazze situazioni inaccettabili di coercizione morale e materiale da parte di emeriti imbecilli sulla base di un’autorità ereditata col censo e concessa per tradizione e devozione ad un sistema culturale settario, filisteo, grettamente giudaico in altre parole borghese nonchè responsabile fino ad ora di due industrializzazioni mondiali della guerra e della morte senza ombra di dubbio e con l’opzione di avere possibilmente creato ad arte una pandemia tuttora in corso. il problema è che questi stessi umili, drogati da tutta una serie di fattori esterni artatamente introdotti per derivarne un’apparente felicità molto meschina e privati di una nuova forma di antitesi dialettica facente le funzioni di quella che c’era oltre la cortina di ferro non se ne possono e cosa ancor più grave non se ne vogliono manco accorgere e che quindi per tutti questi motivi reputano lo stato delle cose in atto come la miglior forma di vita possibile.

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